T'ai Fu è stato uno dei personaggi che più ho apprezzato negli anni d'oro della prima PlayStation Sony. "T'ai Fu: Wrath of the tiger" è stato probabilmente uno dei picchiaduro d'azione più amati e nel contempo sottovalutati del 1999, anno in cui il videogioco fu lanciato sul mercato videoludico domestico.
Che ai suoi tempi fosse un titolo forte lo si poteva immaginare da due fattori importanti: la pubblicazione fu infatti opera di Activision, mentre alla produzione appare il nome del colosso DreamWorks Interactive (nota oggi come EA Los Angeles). L'intenzione degli sviluppatori era una: offrire al giocatore oltre due ore di gioco dove animali antropomorfi combattono tra loro senza esclusioni di colpi, con un protagonista in cerca di vendetta.
Da un lato abbiamo T'ai Fu (ultimo superstite del clan della Tigre), dall'altro il Maestro Dragone (capo dell'omonimo clan e distruttore di vari gruppi come la stessa Tigre). Viene dunque recuperato il dualismo più famoso e leggendario della cultura cinese e non solo, due animali con simbologie diverse che nel caso di questo videogioco sono state anche sovvertite annullando la componente positiva e benevola del Drago in favore della tigre, da sempre descritta come emblema della forza.
Tra gli altri personaggi e clan sono stati inseriti anche i panda, gru, mantidi, leopardi, serpenti, scimmie, ratti e cinghiali. Tutto questo non vi ricorda qualcosa? Uscendo per un istante dall'argomento, non si può escludere che ci siano tutti i presupposti per pensare che T'ai Fu sia stato tra le maggiori fonti d'ispirazioni per la realizzazione della saga di Kung Fu Panda, anche se questo tuttavia sembra non essere mai stato dimostrato. Eppure c'è un fattore importante: i film sono opera della DreamWorks Animation.
Ad ogni modo, anche T'ai Fu resta orfano perché i Dragoni hanno annientato tutta la sua razza. Lui è l'unico sopravvissuto a quel massacro ma viene salvato e allevato dal clan dei Panda, gente pacifica che vive seguendo lo stile dei monaci Shaholin. Il destino della giovane tigre ben presto lo indurrà a scatenare la propria collera contro tutti i suoi nemici, con lo scopo di vendicare la sua famiglia. Per fare questo però il nostro eroe dovrà superare 19 livelli per apprendere nuove tecniche, tutte legate all'arte del Kung Fu e che riprendono gli stili ispirati alle movenze di vari animali. Il ventesimo livello è l'ultimo e T'ai Fu dovrà chiudere i conti con il Maestro Dragone, il quale ha intenzione di impossessarsi dei poteri magici custoditi nel Palazzo Proibito: solo così potrà piegare il mondo alla sua tirannia.
T'ai Fu è solo un Kenshiro vestito da tigre! |
Definirlo picchiaduro a scorrimento è un po' esagerato, specialmente se lo pensiamo in ottica retrogaming. In realtà il giocatore può spostarsi su vari piani e ritrovarsi ad avere a che fare con inquadrature diverse. Certo, questo gioco non è stato certamente un'evoluzione del genere, eppure colpì la critica per la sua grafica, i colori e un trama molto convincente. Inoltre, chi meglio di una tigre muscolosa e su due piedi poteva dare tanta soddisfazione nelle menare calci e pugni come se non ci fosse un domani? Forse, l'unico neo di T'Ai Fu è stato il fatto che la giocabilità non era proprio semplicissima e nello sferrare i colpi ai nemici bisognava prestare la massima attenzione. Naturalmente non si tratta di un titolo complicato ma bisognava avere pazienza in alcune circostanze perché tende ogni tanto ad essere confusionario.
Al giocatore sono state messe a disposizione due barre: una per la salute e una per il Chi ed entrambe possono essere alimentate da vari oggetti presenti nei diversi quadri. Monete, pergamene permettono a T'ai Fu di potere utilizzare anche la forza degli elementi. Inoltre viene data la possibilità al giocatore di potere unire vari stili di combattimento per creare nuove combo, magari anche più lunghe ma decisamente complesse.
La grafica e le ambientazioni sono state probabilmente le componenti di maggiori successo del gioco. In effetti sembra di vivere un'avventura completamente dedicata a un mondo da scoprire e riscoprire, qualcosa che sembra non cambiare mai nel tempo e che continua ad affascinare giocatori, lettori e cinefili. I combattimenti sono molto soddisfacenti se non fosse per il fatto che quando il gioco tende a farsi duro i duri cominciano a spaccare il joypad contro il muro. T'ai Fu effettivamente ti prendeva molto come prodotto eppure oggi sembra che in molti l'abbiano dimenticato. Sentiamo ancora i nomi di marchi di fabbrica leggendari come Spyro, Crash Bandicoot, Medievil, Tombi e altri, ma "Wrath of the tiger" sembra essere finito un po' nel cassetto dei ricordi ed è per questo che, nel suo caso, la nostalgia torna utile per farlo rivivere come in quel lontano 1999, quando molti 13enni come me ammiravano i suoi calci rotanti, pugni distruttivi e salti degni di una vera tigre su quattro zampe.
Se certe cose rischiano di morire, allora a noi non resta che tenerle in vita con i ricordi, gli emulatori e tutto ciò che concerne il pianeta retrogame.
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