Nintendo Game Boy compie 33 anni: buon compleanno a un mito d'infanzia. Ripercorriamo la storia di uno portatile senza tempo.
Quanto era bello il Game Boy?
“C’eravamo tanto amati…”
Sono passati ormai quattro anni da quando ho venduto (per inutilizzo e abitudini ormai diverse) il mio amato Nintendo Gameboy Black, amico di tanti pomeriggi di svago alla fine di estenuanti giornate passate tra i banchi di scuola e la scrivania di casa a studiare storia, geografia, italiano e materie varie. Oggi voglio omaggiare questo mito della nostra infanzia perché compie esattamente 33 anni. Era infatti il 21 aprile 1989 quando questo gingigllo della Nintendo fu lanciata sul mercato videoludico.
Alcuni penseranno a una mia esagerazione ma chi ha vissuto una generazione come la mia, elemento per me di estremo vanto, sa bene che la consolle portatile della famosa casa giapponese non è un semplice capriccio, bensì una delle più epiche icone degli anni ‘90, nonché filo conduttore a un’infanzia ormai lontana ma ricca di emozioni.
Avevo si e no 11 anni quando mi recai al centro commerciale per acquistare il GameBoy. Mio padre finalmente si convinse a prendermene uno e in quel periodo era uscita l’edizione “colorata”: infatti, oltre all’edizione classica di colore bianco, la Nintendo immise sul mercato videoludico anche le edizioni rosso, giallo, blu, nero e se ricordo bene anche verde. Il successo commerciale fu ovviamente immediato.
Essendo io amante dei colori che non lasciano trasparenze, optai per il colore nero e dallo scatolo estrassi le cuffiette, un poker di pile e il leggendario Tetris, il quale, a me non andava molto a genio, ma non fu un problema dato che mio padre poco dopo decise di regalarmi anche “Soccer”, un gioco di calcio che forse in pochi ricordano.
L'esperienza di gioco
“Il potere di una consolle nel palmo della tua mano”. Se non ricordo male così recitava uno slogan presente sullo scatolo del GameBoy e in effetti, quell’aggeggio era di una forza stratosferica, capace di tenerti incollato per ore davanti al suo piccolo schermo, incurante del rischio di consumare le pile nell’arco di pochissimo tempo. Non era solo divertente, era anche bello da vedere: rettangolare, circa 15 cm di altezza, una decina di larghezza e tre di spessore; comprendeva due tasti per giocare A e B, i tasto Start, Select e ovviamente i classici tasti direzionali.
Ricordo quando da ragazzino lo custodivo gelosamente in un cassetto con varie giochi, molti dei quali mi furono prestati da amici e parenti. Il mondo Nintendo mi si aprì proprio con il Gameboy (in precedenza non avevamo mai avuto consolle, tranne il Commodore64, ‘sti cazzi! Hai detto niente!), specialmente quando mi cimentai con il complicatissimo Super Mario Land, gioco che non sono mai riuscito a portare a termine e che mi costrinse a chiudere battenti per qualche settimana, visto che stavo rischiando un abbonamento di sedute dallo psichiatra.
La mia vendetta però arrivò con l’uscita di Super Mario Land 2, secondo episodio della saga portatile del baffuto idraulico che conclusi svariate volte divertendomi in tutte le maniere. Gli unici livelli che mi misero un po’ in difficoltà furono quelli ambientanti sulla luna, ma del resto io ero uno di quelli duri a morire e le ferite di Mario Land 1 mi resero più forte.
Dopo il calcio e le avventure, avevo bisogno di spargere un po’ di sangue, così passai all’acquisto del mio primo picchiaduro, Killer Instinct. Il gioco era di particolare difficoltà e fu visto dai più come una risposta concreta da parte di Nintendo ai creatori di Street Fighter e di Mortal Kombat (la cui grafica aveva dato il via alle prime rivoluzioni nel campo dei videogiochi), con la sola differenza che potevi trovare combinazioni di combo decisive per l’esito delle varie battaglie.
I personaggi e la trama non erano difficili da prevedere. Innanzitutto, il nemico è un’organizzazione chiamata Ultratech, specializzata nella creazione e fornitura di armi da guerra. A un certo punto, così all’improvviso, la Ultratech scopre un alieno di nome Glacius e decide di organizzare un torneo che ricorda molto l’incipit della fortunata saga di Tekken per Sony Play Station.
- Jago, un ninja che a quanto pare non sarebbe altro che un monaco tibetano convinto di essere il salvatore del mondo. Probabilmente però era solo Salvatore, figlio di Pierino il pizzaiolo. Ad ogni modo, costui era una copia sputata di Ryu di Street Fighter, cioè capace di sparare palle di fuoco, pugni volanti, calci rotanti (non starò qui a riportare i nomi in giapponese delle tecniche di Ryu e Ken) e cagate varie.
- Combo, il cugino scemo di Balrog di Street Fighter;
- Spinal, uno scheletro vivente armato di spada e scudo, forse più riconducibile alle influenze di Mortal Kombat;
- Thunder, un nativo americano di una tamarraggine assurda, munito di asce ma portante una cresta da fottersi i punk di Ken il Guerriero;
- Sabrewulf, un licantropo che vuole vincere il torneo non per ululare Adriana in lupesco ma per ottenere un antidoto promesso dalla Ultratech per superare i suoi problemi di peluria;
- B. Orchid, è il personaggio femminile del videogioco, abilissima come Chun-Li della Capcom e cazzuta come Sonya della Midway Games (ahimè fallita da tempo). Inizialmente non capivo a cosa riconducesse la B., poi una volta averle prese in svariate situazioni, compresi che la B. era intesa come “Bottana”;
- Glacius (o Unknown per GameBoy), questo alieno fatto di ghiaccio è stato il mio eroe, il guerriero in grado di padroneggiare per via della sua facile combinazione tasti e per l’elevata mole che lo contraddistingueva;
- Fulgore, un cyborg cazzutissimo nonché vera icona di questo prodotto che ha saputo comunque dare il suo contributo nell’immaginario collettivo dei giochi di combattimento di vecchio stampo. Fulgore è un’arma da guerra, un esperimento di laboratorio che probabilmente riporta alla mente gente come Scorpion e Sub Zero di Mortal Kombat.
- Eyedol, il boss finale. Un mostro a due teste che l’Ultratech libera come asso nella manica. Eppure era facilissimo sconfiggerlo: qualunque fosse il livello di difficoltà, bastava andare indietro e prenderlo a calci.
Dopo l’intensa avventura con Killer Instinct, passai a due classici: Street Fighter II (per la versione GameBoy imparai finalmente a sparare le palle di fuoco) e Mortal Kombat (che rischiò di farmi rivivere gli orrori di Super Mario Land).
Fatta scorpacciata di picchiaduri, avevo bisogno di tornare ai vecchi arcade o meglio alle avventure di qualche personaggio simpatico con davanti una lunga serie di disgraziati eventi. Toccò dunque a uno dei peggiori nemici di Mario Bros, quello che io ho sempre reputato il suo alterego cattivo: la mia scelta andò su Super Wario Land.
Super Wario Land era senz’altro un capolavoro. Nonostante lo stile fosse ovviamente noto, i livelli e i personaggi erano molto diversi rispetto a quanto visto con il buon vecchio Mario. La grafica pulita, contorni e profili ben delineati, musiche accattivanti che spesso canticchiavo tra me e me, poi c’era la faccia da pirla di Wario che nella versione “gnomo” sembrava il "mini-me" di Maurizio Costanzo.
Un giorno, dopo pochi anni dall’uscita del fortunato anime dei Pokemon, ecco che la Nintendo decise di fare il passo da gigante riportando i mostraciattoli più amati di sempre su GameBoy: Pokemon, Pokemon Giallo, Pokemon Rosso, Pokemon Blu, Pokemon Marrone, Pokemon giallo vomito ecc ecc ecc. Niente, provai a giocarci ma i Pokemon mi erano troppo antipatici e il gioco mi faceva troppo schifo. Mi dedicai così a un Batman (carino), qualche Donkey Kong e poi a Zelda.
La nascita del Game Boy
Il GameBoy fu lanciato dalla compagnia nipponica Nintendo il 21 aprile 1989 e arrivò in Europa circa un anno dopo. Lo scopo era quello di puntare su una piattaforma portatile caratterizzata da capacità superiori rispetto al precedente Game&Watch (di cui ne disconoscevo l’esistenza fino a qualche minuto fa), infatti, il nuovo strumento di intrattenimento elettronico era stato creato con un processore Z80 della Sharp e si attivava con batterie stilo.
Lo schermo era interamente a cristalli liquidi, così da permettere varie tonalità grafiche che il giocatore poteva scegliere in base alle proprie esigenze. Il retro comprendeva uno spazio libero all’interno del quale andava inserita la cassetta o cartuccia, cioè il gioco scritto su ROM e misurato 5,8 cm X 6,5 cm.
Negli anni, la Nintendo ha effettuato poi un vero e proprio restyling dello strumento, progettando e distribuendo il GameBoy Pocket (una versione più leggera, piccola e migliore di quella precedente). Infine, si passò al Game Boy Color, il primo GameBoy con grafica a colori e non più grigia come in passato.
Gli ultimi anni e la fine di un'epoca
Con l’arrivo della Play Station Sony che cambiò del tutto le carte in tavola per quanto riguarda l’intrattenimento videoludico, la Nintendo subì non poco i cambiamenti di mercato, così come anche la Sega e le indimenticabili salagiochi che da piccoli affollavamo presso le piazze.
La compagnia giapponese provò in tutti i modi a tener vivo il livello di attenzione sul GameBoy, ma alla fine si vide costretta a correre ai ripari progettando il Nintendo 64 nel 1996, la Nintendo Game Cube nel 2001, la Wii nel 2006 e la più recente Nintendo Switch, per non tralasciare la realizzazione di nuovi console portatili come ad esempio il Game Boy Advance, Nintendo DS e 3DS. Tuttavia, nonostante le ottime risposte da parte degli acquirenti, sembra che il confronto sia sempre destinato a sfociare in una lotta ad armi impari, specialmente ora come ora che la PS4 sembrerebbe essere riuscita a distaccare la concorrente Xbox.
La morale però è che tutto questo ora non ha importanza perché l’operazione nostalgia è ormai avviata e nonostante ora capiti di trovare qualche annuncio di vendita per GameBoy in giro per il web, mai niente e nessuno potrà eguagliare la magia di questo piccolo grande giocattolo che portò entusiasmo e ilarità sia ai grandi sia ai piccini degli anni ‘90, fino a giungere alla fine di un mito che, in realtà non morirà mai.
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Io lo giocavo da un amico.
RispondiEliminaMamma mia che discrepanza tra MK e Street Fighter... quest'ultimo surclassa davvero tutti.
Addirittura Killer Istinct c'era anche per Game Boy! Incredibile!
Comunque, anche se non lo utilizzavi più, per me hai fatto male a vederlo. Anche perché vedrai se non ritornerà di moda...!
Moz-
Sì Killer Instinct c'era anche anche per Game Boy e devo dire che non era male. Comunque, quando avrò una casa mia credo che lo riprenderò, anche perché penso che prima o poi la Nintendo farà qualcosa per rilanciarlo. A differenza di Sega, la Nintendo è sempre riuscita a sopravvivere.
RispondiEliminaIl generalizzato amore per il gameboy diffuso tra i retrogamer è spinto da un fortissimo fattore nostalgia, al quale io sono immune perché non ho mai avuto una console portatile prima del Nintendo 3DS... ma l'emulatore del gameboy advance è quello che gira quasi costantemente sul mio cellulare, quella era una consolina davvero eccezionale di cui si parla poco.
RispondiEliminail gameboy advance non lo presi perché il mio "normale" è sopravvissuto fino al momento della vendita. Oggi non so che fine abbia fatto ma quando l'ho venduto era come nuovo e andava una meraviglia
EliminaIo giocavo con quello di mio cugino.
RispondiEliminaAndavo pazzo per il Tetris ed anche per un qualche Super Mario Bros ( non ricordo quale ), ma in generale mi trovavo più in target con i Game & Watch con cui sono cresciuto.
Game & Watch quanto erano belli i Game & Watch!!!
EliminaIo sono stato fortunatissimo, fu mio zio che per un periodo ha lavorato in Giappone a portarmelo, praticamente sono stato uno dei primi ad averlo!
RispondiEliminaInsieme al Game Boy, che ho ancora da qualche parte, mi regalò Solomon's Club, un rompicapo che mi ha tenuto incollato per un sacco di tempo per via della difficoltà... quello forse l'ho perso!
azz uno dei primi in assoluto! deve essere un pezzo da leggenda!
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