Cinema - Frankenstein di Guillermo del Toro: la recensione del film disponibile su Netflix a partire dal 7 novembre 2025.
Il momento tanto atteso è arrivato: ecco Frankenstein di Guillermo del Toro
Frankenstein di Guillermo del Toro è stato certamente uno degli eventi cinematografici più attesi del 2025, quindi eccomi qui a dire la mia sull'ultima fatica del regista messicano che quest'anno ha voluto esprimere la sua idea artistica sul soggetto tratto dall'omonimo romanzo di Mary Shelley. Il film ha fatto il suo debutto in anteprima assoluta all'ottantaduesima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia il 30 agosto, venendo però distribuito in poche sale a partire da ottobre: ad esempio, in Italia Frankenstein di Guillermo del Toro è stato diffuso da Lucky Red il 22 ottobre in una decina di cinema, per poi passare in maniera effettiva sulla piattaforma Netflix a partire dal 7 novembre.
Frankenstein di Guillermo del Toro si divide in tre parti narrative. La prima è "Preludio" e qui vediamo una nave danese, guidata dal capitano Anderson (chi ha letto il romanzo avrà notato una prima differenza a partire da qui), imbattersi nelle misteriose figure di Victor e della Creatura. La ciurma, rimasta intrappolata nei ghiacciai del Polo Nord, riesce a salvare l'uomo e a scacciare momentaneamente il mostro: una volta ricevute le prime cure, un ferito e affranto Victor Frankenstein avvia il racconto della sua vita e sulla nascita della Creatura. In "Parte I - Il racconto di Victor" segue appunto la narrazione della vita del protagonista, a partire dalle origini della sua famiglia, la sua infanzia e l'età adulta, con conseguente sviluppo e creazione del progetto di "resurrezione dei morti". Infine, il film si conclude con "Parte II - Il racconto della Creatura", dove il mostro riesce a raccontare la sua esperienza e la sue versione dei fatti al capitano Anderson.
Il film è sicuramente bello e la mano inconfondibile di Guillermo del Toro si vede a partire dalle prime battute. I suoi mostri e la trattazione del profilo psicologico dei suoi personaggi umani sono come sempre resi alla perfezione, anche se questo suo Frankenstein su certi aspetti forse pecca solo di un po' di fretta: un fattore normale se si tiene presente che si tratta pur sempre di un (ennesimo) adattamento audiovisivo basato su un romanzo che nelle sue varie edizioni varia tra le 200 e le 320 pagine. La cosa più importante però è che il regista messicano abbia saputo mettere in risalto il tema principale della storia: chi è il vero mostro tra la Creatura e il suo creatore?
Il film fa notare molte differenze rispetto al racconto originale, infatti, vari personaggi e situazioni sono stati tagliati o cambiati, in altri casi ci sono state delle piccole aggiunte. Il cambiamento più importante riguarda soprattutto il rapporto che i due protagonisti svilupperanno con Elizabeth che tuttavia non starò qui a spiegare per non spoilerare, evitando dunque di fare un danno sia a chi conosce tutto del mondo di Frankenstein (ma non ha ancora visionato il film) sia a chi non ha ancora messo mano nemmeno al romanzo di Mary Shelley. Qualche interessante mutamento lo si può riscontrare anche nelle origini della famiglia Frankenstein e su come Victor si sia mosso per rendere sempre più macabre la sue ricerche su come ridare la vita attraverso la stimolazione elettrica di alcuni punti del corpo umano. Invariate restano la pratica di costruzione del corpo della Creatura e le sue esperienze formative.
Frankenstein di Guillermo del Toro concentra tutta la sua attenzione sui punti salienti della trama originale, focalizzando l'intero climax narrativo sui personaggi e sulle loro caratteristiche comportamentali. La Creatura di del Toro differisce molto dalle versioni precedenti perché viene estremamente umanizzata e martoriata a tal punto da apparire come un "romantico eroe maledetto" destinato a non morire mai. Victor, invece, viene sempre più negativizzato e costruito come l'ultimo prototipo moderno dello scienziato pazzo, privo di ragione e morale ma interessato solo al raggiungimento degli obiettivi professionali e personali. Elizabeth invece ha un ruolo molto più centrale rispetto alla tradizione letteraria e della vecchia letteratura cinematografica: il suo rapporto con la Creatura non solo sottolinea la terribile solitudine di Victor ma sembra essere un piccolo omaggio al legame che "unisce" Dracula e Mina Harker in "Dracula di Bram Stoker" del maestro Francis Ford Coppola.
Appare dunque palese che per lo spettatore possa risultare difficile staccare gli occhi dallo schermo e in effetti per me è valso proprio questo elemento. Frankenstein di Guillermo del Toro scorre in maniera veloce, chiara e quasi precisa. Due ore e mezza di film passano meravigliosamente attirando l'attenzione dello spettatore e colpendolo grazie al nuovo fascino attribuito alla Creatura, egregiamente interpretata da Jacob Elordi che in alcune scene sembra dichiarare una certa parentela con Peyton Westlake/Darkman (film cult del 1990 interpretato da Liam Neeson e diretto da Sam Raimi). La Creatura di questo Frankenstein appare molto più spaesata e abbandonata rispetto ai suoi predecessori, commuove chi lo guarda dall'esterno e abbatte tutti i pregiudizi del suo creatore: Victor infatti è convinto che quel puzzle vivente di carne e ossa umane possa essere pericoloso dato che è stato composto dai resti di criminali condannati a morte. Tuttavia, è risaputo che la Creatura sia un essere nuovo, diverso, una specie di bambino venuto al mondo con ricordi da sviluppare e immagazzinare. Come può però vivere di ricordi e crescere come una persona normale un mostro nato nella morte? La nuova Creatura è così innocente da non sapere nemmeno come uccidere, anzi non ha per nulla voglia di uccidere, a meno che non sia costretto a farlo: essa vive, desidera vivere, poi vuole morire ma clamorosamente, in questa visione di Guillermo del Toro, non può farlo. Inoltre, la Creatura vuole amare, amare come non l'ha saputo spiegare nessun altro regista di Frankenstein, mostrandosi come una specie di poeta maledetto afflitto da tante domande e alla ricerca di altrettante risposte.
Chi è il vero mostro tra i due? Il dottor Victor Frankenstein ripudia la sua creazione perché, pur se partorita dalla sua mente, la vede brutta, orrenda, pericolosa e violenta. Per lo scienziato essa non ha alcun modo di riscattare la sua esistenza nel mondo e reputa la sua permanenza tra gli umani come un segno nefasto per il futuro del mondo: per questo motivo non può consentire la sua sopravvivenza (evento fallito) né tantomeno acconsentire alle sue richieste di una compagna (nel romanzo le cose vanno più o meno così ma con qualche dettaglio narrativo differente). La Creatura intanto si chiede "perché" tutto questo odio nei suoi confronti dato che non ha scelto di nascere in quel modo. La gente lo odia e ha paura di lui, quindi ecco che solo negli animali e un in vecchio cieco (il mitico) può trovare conforto nel suo cuore redivivo. Poi c'è Elizabeth... (guardate il film).
Victor è un folle pronto a tutto pur di superare la fama dell'odiato padre e sconfiggere la cosa che più odia fin da giovane, cioè la morte, quella stessa mietitrice che anni addietro gli ha portato via l'amata madre. Il dottor Frankenstein è così preso dai suoi istinti e dai suoi impulsi da non temere di incrinare il rapporto con il fratello William (mai stato tra i personaggi centrali come ora) o di sessualizzare eccessivamente Elizabeth. Sembra che non abbia nemmeno idea delle conseguenze delle sue azioni, specie dopo essersi trovato per la prima volta faccia a faccia con la sua creazione. Insomma, sembra che del Toro abbia portato sullo schermo la versione più estrema e spietata del personaggio, il cui onore di essere umano verrà riscattato solo alla fine. È per questo motivo che, rispetto alla tradizione, Victor è stato decisamente "isolato" e legato a Elizabeth in maniera del tutto differente: renderlo un uomo perennemente solo, privo di veri affetti e in grado di capire che l'unica persona su cui potesse contate era proprio ciò che tanto disprezzava. La Creatura, invece, lascia un messaggio di speranza, nonostante la sua condanna: per chiunque c'è sempre una speranza e ogni vita ha comunque senso, ogni esistenza merita di essere rispettata, così come anche la più bizzarra delle creature deve continuare a vivere per trovare il proprio posto nel mondo.
Quest'ultimo messaggio nel romanzo di Mary Shelley non c'è, anzi, nella versione cartacea la creatura a un certo punto capisce di essere un problema, un errore/orrore che gli esseri umani non devono mai più commettere sia per il bene del prossimo sia nel rispetto della vita umana e del ciclo della vita. In Guillermo del Toro vediamo il nostro protagonista solo ma intento a guardare il sole nascente come se stesse facendo a sé stesso e al mondo una promessa di vita.
Le scenografie sono molto belle e rispettano in alcuni momenti il mondo chiaroscuro del regista. Le scene vanno a incastrarsi uno dietro l'altra nel tentativo di non lasciare spazio a inutili dialoghi e ridondanze. Questo Frankenstein sta continuamente sul pezzo e procede a una velocità così potente da rischiare di essere ogni tanto travisato. Come infatti ho sottolineato a inizio della recensione, il probabile unico errore di questa pellicola (o quella più evidente) potrebbe essere l'elevato rapporto tra dinamismo narrativo e meticolosità delle scene che rischiano di far apparire specialmente la prima parte del film come nevrotica e frettolosa. Per un attimo ho avuto come la sensazione che il nuovo racconto audiovisivo rischiasse di rimanere schiacciato dalla potenza narrativa dell'originale. In effetti, penso che questo sia effettivamente accaduto ma, per fortuna, Frankenstein di Guillermo del Toro è riuscito poco alla volta a "calmarsi" dopo l'evento della nascita della Creatura e a mettere insieme gli espedienti più utili per arrivare a un'affascinante conclusione della vicenda. L'obiettivo è stato probabilmente quello di colpire il cuore degli spettatori in una chiave di lettura differente.
Doveroso precisare che il buon impatto avuto sulla critica non deve necessariamente indicare che si tratti di un film capolavoro. Il cineasta messicano, pur cimentandosi molto bene con il soggetto di Mary Shelley, ha cercato di fare del suo meglio su uno dei personaggi più trattati e rivisitati del mondo della cultura di massa: dalla letteratura al cinema, fino al teatro e a fiction seriali, la Creatura di Frankestein è diventata nel tempo un volto ormai noto e appartenente alla quotidianità. La differenza fatta da del Toro sta nel fatto che, in questo caso, la Creatura è resa particolarmente affascinante sia da un punto di vista interiore sia da un punto di vista estetico (leggo di donne innamorate), con tanto di sentimenti forti e capacità di apprendimento che la portano a leggere la Bibbia e addirittura il Paradiso Perduto di Milton.
Questo Frankenstein è un bel film, sicuramente riuscito ma non va assolutamente confuso in mezzo a capisaldi della filmografia di Guillermo del Toro come "Cronos", "Il Labirinto del Fauno", "Hellboy - The Golden Army" e "La Spina del Diavolo". Alla fine, questo lungometraggio può essere visto come un desiderio finalmente diventato realtà. Per quello che ne possiamo sapere, magari per una volta anche Guillermo del Toro ha voluto vestire i panni di Victor Frankenstein e creare un mostro tutto suo con lo scopo di cambiare il destino di uno degli personaggi più dannati di sempre.
Consigliato: sì
Voto: 6,5
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