giovedì 31 dicembre 2020

C'era una volta a Hollywood: metacinema e destini incrociati nel film di Quentin Tarantino



Ho dovuto guardare due volte il film "C'era una volta a Hollywood", visto che all'inizio non ero rimasto tanto convinto da quanto fruito, essendo tra l'altro abituato a un altro tipo di Tarantino. Non sono rimasto pienamente soddisfatto dall'ultimo lavoro del cineasta italoamericano però devo ammettere che in molti punti della pellicola ho trovato l'ennesima conferma delle sue grandi capacità tecniche e sceniche, per non parlare della sua sterminata fantasia nonostante stia perdendo qualche colpo nel tempo. 

La cosa che più mi è piaciuta di "C'era una volta a Hollywood" non è stata soltanto l'ennesima lezione di metacinema da parte di Tarantino ma anche il parallelismo tra i protagonisti "inventanti" e quelli veramente vissuti. Unire Rick Dalton e Cliff Booth alle vite di Sharon Tate (e dei suoi amici) è stato un modo molto originale di presentare: da un lato, un pezzo di storia del sogno hollywoodiano; dall'altro, una versione alternativa e sospesa della strage di Cielo Drive

Ciò che invece non mi ha colpito è stata sicuramente l'esagerazione di alcuni profili, un po' troppo estremizzati o ridicolizzati dal genio di "Pulp Fiction". C'è comunque da dire che questo lungometraggio si lascia guardare con un certo interesse e che non ha nulla da spartire con "The Hateful Eight" (per me l'unico film bruttino di Tarantino). 





La nascita del film

"C'era una volta a Hollywood" può considerarsi come un "incidente" di Tarantino. Inizialmente era stato pensato sotto forma di romanzo, eppure la longevità dello scritto ha poi indotto il regista a cambiare idea e fare ciò che più gli piace: ciak e azione!

Oltre alle figure inventate di Rick e Cliff, Tarantino ha pensato di introdurre figure realmente esistite nel cinema americano degli anni 50 e 60: Sharon Tate, Roman Polanski, Steve McQueen, Bruce Lee e Jay Sabring, oltre ovviamente a quella di Charles Manson e della sua banda. Oltre a questo, Rick è stato piazzato al 10050 di Cielo Drive, diventando così un improbabile vicino di casa dei coniugi Polanski, i quali abitavano proprio da quelle parti. 



Non scontata invece la scelta di non riportare su pellicola la morte dell'attrice, lasciando che siano i due protagonisti a vedersela nera contro alcuni sgherri di Manson. Insomma, una volta fatta la sceneggiatura non resta che trovare un produttore. La scelta inizialmente era ricaduta su Bob e Harvey Weinstein, il quale fu poi allontanato da Tarantino dopo lo scandalo delle molestie sessuali che vide al centro delle cronache il produttore cinematografico statunitense. 

Alla fine, la produzione è finita nelle mani della Heyday Film, mentre la Sony ha ottenuto i diritti per la distribuzione, dando però adito a tutte le richieste del regista: un budget di 95 milioni di euro, il final cut del film, il totale controllo sulla realizzazione, il diritto a una percentuale del 25% sull'incasso lordo della pellicola e il ritorno dei diritti del film allo stesso Tarantino dopo più di 10 anni dalla sua uscita nei cinema. 



Si è trattato di un progetto molto caro in termini economici ma davanti alla figura di Tarantino è difficile tirarsi indietro. È così, nel 2019 è stato presentato al pubblico del grande schermo "C'era una volta a Hollywood", un film di circa due ore e mezza (e più) con Leonardo DiCaprio (Rick Dalton), Brad Pitt (Cliff Booth), Margot Robbie (Sharon Tate), Emile Hirsch(Jay Sabring) e molti altri attori, tra cui anche Al Pacino e Tim Roth



La trama in breve 

Rick Dalton è un attore americano che negli anni '50 ha toccato le vette del successo con una serie televisiva ambientata nel far west, "Bounty Law". Da anni è accompagnato dal suo fedele amico, autista e controfigura Cliff Booth, un personaggio molto estroverso che non è visto di buon occhio nel panorama Hollywoodiano.

Cliff infatti è famoso per essere il maggior indiziato della morte della moglie, per non parlare del fatto che è una testa calda solita a combinare guai sui set dei film. L'episodio che infatti l'ha quasi condannato è stato quando ha fatto a botte con Bruce Lee sul set de "Il Calabrone Verde". Vive in una specie di camper con la sua pitbull ed è un abile tuttofare nei lavori.



Rick invece sembra pronto per sfondare nel mondo del cinema vero, ma alla fine non riesce a diventare una star come ha sempre desiderato e finirà a recitare in alcune serie e film di serie b, poi sarà spedito in Italia per girare una serie di spaghetti western

Intanto, vediamo che la vita dell'attrice Sharon Tate procede con leggiadria e spensieratezza. Sposata con il regista Roman Polanski, prende casa a Cielo Drive, proprio a pochi metri dall'abitazione di Rick Dalton, il quale cerca in alcune circostanze di attirare la loro attenzione e dare un senso alla sua carriera che stenta a decollare.



Nel frattempo, vediamo che la banda di Charles Manson è già attiva contro i divi di Hollywood, soprattutto verso coloro che sono esplosi nella nuova epoca del cinema che conta. In una scena, c'è Charles Manson (Damon Herriman) che comincia a prendere informazioni sui nuovi abitanti del 10050 di Cielo Drive. Con una scusa, riesce a intravedere la Tate e alla fine va via. 

A proposito di Charles Manson, Cliff conoscerà una giovane ragazza che si rivelerà membro del gruppo di uno dei più spietati assassini della storia americana. Dopo averla riaccompagnata a casa, si ritroverà nel famoso Spahn Movie Ranch, luogo abitato dagli hippie ma soprattutto dalla Manson Family



Nella scena finale, quando alcuni uomini di Manson spiano le vite dei protagonisti, vediamo la casa di Rick presa d'assalto ma con un risultato sorprendente: Cliff (strafatto di Lsd) e il suo cane massacrano tutti ma a compiere il colpo di scena alla Tarantino sarà il nostro Rick che ucciderà una ragazza della setta con un lanciafiamme (conservato dopo averlo usato sul set di un suo film).

Cliff finisce in ospedale, il cane resta a casa di Rick con sua moglie ma l'attore riesce finalmente ad attirare l'attenzione di Sharon Tate e Jay Sebring che lo invitano a salire per due chiacchiere. 


Le influenze

Ai tempi in cui Tarantino cominciò a scrivere "C'era una volta a Hollywood" partì da presupposto che fosse necessario trarre ispirazioni da persone realmente esistite per creare i suoi personaggi principali. 

Cliff Booth è nato grazie alla figura di Billy Jack, protagonista degli omonimi film western interpretati da Thomas Laughlin. Oltre a Launghlin, il regista ha preso spunto anche da Gary Kent e  Gene LeBell (controfigura nella serie tv "Il Calabrone Verde"). L'idea era costruire un esempio di ex soldato e berretto verde. 



Rick Dalton, i cui panni sono vestiti da Leonardo DiCaprio, è il figlio delle maggiori stelle della prima era di Hollywood: Ty Hardin, Ralph Meeker, George Maharis, Edd Byrnes, Tab Hunter, Vince Edwards e Fabian Forte. Si tratta di una lunga lista di attori decaduti alla fine del passaggio dall'era classica del cinema a quella della nuova Hollywood

Bounty Law, la serie western in cui recita Rick, trae ispirazione da "Ricercato vivo o morto" con Steve McQueen. L'amicizia che lo unisce a Cliff rimando al rapporto che Burt Reynolds vantava con il suo stuntman Hal Needham. 


Le reazioni

"C'era una volta a Hollywood" ha avuto un buon successo ai botteghini se teniamo conto del fatto che ha guadagnato svariati milioni nei primissimi giorni di proiezione nelle sale cinematografiche. Tuttavia, pare che non sia riuscito a guadagnare la cifra all'inizio stimata che si sarebbe aggirata intorno ai 400 milioni di dollari. 



La critica, nella maggior parte dei casi, ha elogiato l'ultimo lungometraggio di Tarantino. Eppure, qualcuno ha storto il naso reputando la pellicola come la sintesi della malinconia del nuovo Tarantino nei confronti del vecchio sé stesso. C'è addirittura chi ha rimproverato al cineasta di non essere stato proprio elegante nel raffigurare la Hollywood degli anni '60, manifestando qualche piccolo elemento razziale.  


Analisi

"C'era una volta a Hollywood" è una perfetta visione alternativa dei fatti che portarono alla morte di Sharon Tate (incinta di otto mesi), Jay Sebring, Abigail Folger, Wojciech Frykowski e Steven Parent. Cosa sarebbe successo se la moglie di Polanski (che non c'era) e i suoi amici avessero avuto dei vicini di casa come Rick, sua moglie e Cliff (che in realtà nella notte dei disordini si trovava lì dopo una serata con l'amico)? Non si sa perché non è chiaro se Tarantino abbia voluto salvare le vittime o abbia semplicemente rimandato l'eccidio di Cielo Drive

Cosa è piaciuto?

Ciò che funziona di "C'era una volta a Hollywood" è sicuramente il fatto che Tarantino ha mantenuto la sua solita lucidità nel girare le scene più significative dei suoi film, mostrando una matura maestria tecnica e cercando di ammorbidire i dialoghi (che di solito rende lunghi e particolareggiati). 

Nel film notiamo i soliti rimandi ai film che hanno influenzato il regista ai tempi dell'accademia, creando l'ennesimo caso di metacinema, dando vita a un prodotto che si mostra come un film che incorpora tanti altri piccoli film al suo interno: questo è il mondo ormai conosciuto ma mai banale di Tarantino.

Toccante la scena tra Rick e la piccola Trudi Fraser durante le riprese di un film western di seconda categoria. Leonardo DiCaprio si mostra come sempre preparato per il suo ruolo, rappresentando perfettamente un personaggio a tratti sicuro di sé e a momenti scadente e patetico, quasi sull'orlo di una crisi di nervi che rischia di esplodere come una bomba. Epico il momento in cui si rende conto che in casa sua qualcosa non va: mentre lui è in piscina ad ascoltare musica a tutto volume con le cuffie, non sa che Cliff sta facendo a pugni contro quattro malintenzionati. Quando poi si ritrova una delle ragazze della banda davanti agli occhi, intenta a sparare in aria dopo essere impazzita per le violenze subite, il nostro Cliff la termina usando un lanciafiamme



Margot Robbie è stata a dir poco sensazionale nell'incarnare Sharon Tate, mettendo in risalto la sua leggerezza d'animo, il suo essere uno spirito libero e di vivere ogni singolo istante con dolcezza e con il sorriso stampato sulle labbra. La Tate di Tarantino è innamorata di sé, si vanta dei film che ha fatto ma lo fa con molta umiltà, senza mettersi troppo in mostra tranne nella scena in cui entra al cinema per vedere un film con lei protagonista. 



La mano di Tarantino di vede come sempre nella sua violenza, l'unica vera scena di sangue che lo spettatore ammira alla fine della pellicola. Brad Pitt dà il meglio di sé nei panni di Cliff e rende perfettamente l'idea di come picchiare una banda di assassini psicopatici mentre si è sotto l'effetto di droghe. Impressionante i momenti in cui fracassa la testa di una delle sue vittime sbattendola più volte contro il muro (e non solo) e riducendola quasi in poltiglia. Solo una coltellata lo fermerà ma alla fine vince e sopravvive. 



Belle anche le atmosfere, la scenografia e la brevità di alcuni istanti che rimandano all'epoca del grande cinema di Hollywood, nel suo passaggio dal vecchio al nuovo star system e delle major. 

Cosa lascia perplessi?

Sono evidente nel contempo anche alcune forzature nella pellicola ma soprattutto alcuni personaggi sono stati troppo estremizzati sia nel bene sia nel male.

Bruce Lee, di cui Tarantino va matto (vedi Kill Bill), viene descritto come un chiacchierone, un ciarlatano, uno che si vanta per meriti che non ha mai dimostrato e che non ha nulla da condividere con un mito americano come Mohamed Alì

Le perplessità emergono nella scena del combattimento contro Cliff, il quale prende in giro l'attore di origini cinesi (interpretato da Mike Moh), lo deride e sembra che addirittura gli permetta di vincere il primo round con facilità. Chi ha realmente visto i documentari su Bruce Lee, sa bene che egli non si sarebbe mai fatto sbattere contro allo sportello di un'auto come se fosse del letame. Probabilmente, nella vita reale un Cliff Booth qualunque non avrebbe avuto speranze. Ma di certo come possiamo sapere quali fossero le vere intenzioni di Tarantino? A guardare bene il film, sembra che "C'era una volta a Hollywood" sia una parodia del mondo tanto decantato dall'autore della Trilogia Pulp. 



Proprio Cliff è troppo "americano", troppo "macho", troppo completo e forse disumano nel suo modo di fare. Sa fare a pugni, beve, si droga ed esce dalle situazioni più strane con una freddezza inaudita. Per quanto eccitante sia la parte in cui massacra i ragazzi di Manson, una persona sotto gli effetti della droga Lsd (e con in coltello infilzato nel fianco) riuscirebbe mai a combinare un macello di quel tipo? Chi ha provato questa sostanza forse potrà darci una risposta. È come rivedere Jamie Foxx nell'unico momento esageratamente tarantiniano in "Django Unchained" (capolavoro devastante), quando da solo ha ucciso decine di nemici senza beccarsi una sola pallottola o quando ha sparato alla sorella di John Candy facendola volare di traverso e sfidando le leggi della fisica. È innegabile però che Pitt sia riuscito comunque a rispettare le aspettative di Tarantino e alla fine ha colpito così tanto critica e pubblico da aggiudicarsi il Premio Oscar come miglior attore non protagonista. 

Polanski si vede solo in paio si scene, mettendo in risalto la solitudine della Tate vissuta però con serenità, accompagnando il tutto con buona musica e passi di danza. Solo una scena per Manson, quando si reca a casa dei suoi obiettivi per studiare la situazione. Forse, le parti tagliate avrebbero potuto dare maggior spazio al personaggio e non è un caso che tra le parti eliminate ci sia un incontro bizzarro con Cliff Booth.


Conclusioni

Pur vincendo due premi Oscar e convincendo la maggior parte dei critici, "C'era un vola a Hollywood" non è né tra i migliori film di Tarantino ma certamente nemmeno tra i peggiori. È una sorta di via di mezzo che per fortuna lo porta ad assicurarsi almeno un 6,5 perché appare ancora viva la passione e l'inventiva del suo autore. Siamo sicuramente lontani anche da pellicole più recenti come "Bastardi Senza Gloria" e "Django Unchained" (che trattano comunque temi e periodi storici diversi) ma siamo ancora più distanti da "Hateful Eight", forse l'unico film quasi inguardabile di Tarantino.

"C'era una volta a Hollywood" è comunque un film godibile, da guarda con attenzione ma anche in compagnia. La scelta del cast ha fatto la differenza e riprodurre alcuni spezzoni della vita della meravigliosa Sharon Tate ha sicuramente dato quel tocco di delicatezza e dolcezza a un film duro e severo quando tutto sommato è necessario. Promosso, non a pieni voti, ma meritevole nonostante qualche nota stonata. 


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6 commenti:

  1. Tarantino ha pregi e difetti. Un film diventa tanti film, dal pulp al western. E' sicuramente bravo, ma può anche non piacere.

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    1. Su questo hai pienamente ragione: non è un regista per tutti!

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  2. Per me una delle sue migliori opere (oh, io adoro anche Hateful Eight... mamma mia! **)
    Ma questo è proprio un kolossal, atto d'amore verso un cinema e un'industria old school, che ha voluto omaggiare (sì, anche in modo esagerato e a tratti assurdo), ma non razzista.
    La scena con la ragazzina... TOP.

    Moz-

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    1. Purtroppo ci sono esagerazioni ed esagerazioni. Tuttavia, il film merita di superare la sufficienza perché Tarantino mostra ancora una certa lucidità nelle sue idee e perché alcuni attori hanno saputo fare davvero la differenza. Tecnicamente nulla da dire ma ho visto un po' di debolezza nei dialoghi (punto forte del regista). Sicuramente è stato bello conoscere la vita di un attore nella fase che va dal vecchio al nuovo star system hollywoodiano.
      Per quanto riguarda la componente razzista, penso che questa sia stata un'esagerazione della critica, la quale ha voluto colpire per forza Tarantino sul personale e non capisco perché: io ho ripreso un'affermazione della critica ma ha ragione, non c'è nulla di discriminatorio.
      Hateful Eight lo odio, non volermene

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  3. Il finale! Da solo vale tutto il film, un film non proprio entusiasmante ma godibile ;)

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