giovedì 10 dicembre 2020

Addio a Paolo Rossi: l'Italia piange per l'eroe dei Mondiali del 1982



Il 2020 è l'anno in cui è morto il numero venti più famoso della storia del calcio italiano: ieri sera, mercoledì 9 dicembre, è morto il grande Paolo Rossi, detto Pablito. Una notizia arrivata come un fulmine a ciel sereno, diffusa dal giornalista sportivo Rai Enrico Varriale sul suo profilo Twitter. Tutti pensavano fosse una fake news e che il vicedirettore di Rai Sport l'avesse combinata grossa: ma un professionista resta sempre un professionista e Varriale ha avuto tristemente ragione. In poco tempo i maggiori quotidiani, sportivi e non, hanno confermato il decesso del campione del mondo di Spagna '82, secondo pallone d'oro italiano della storia e membro del primo vincente ciclo della Juventus firmata Trapattoni.



Ormai affetto da una grave malattia da tempo, Pablito si è spento nell'ospedale di Siena, lasciando la seconda moglie, le figlie e il primogenito Alessandro. Svariate sono state le reazioni dal mondo dello sport e non solo. Non a caso che anche il Brasile ha voluto omaggiare l'ex attaccante della Juventus ricordando quella sua famosa tripletta proprio ai danni della nazionale verdeoro. Ecco cosa ha pubblicato Globoesporte:

"È morto Paolo Rossi, l'uomo che fece fuori il Brasile dal Mondiale '82. E che abbiamo sempre rispettato. Addio al boia del Brasile"


A proposito di Brasile, anche il grande Falcao ha voluto ricordare l'eroe azzurro tramite un commovente post su Instagram

 "Il Brasile ha già pianto per colpa sua. Ora piange per lui. Paolo Rossi ci ha tolto una coppa del mondo, ma ci ha conquistato con la sua voglia di vivere e giocare a calcio."


Toccante anche la reazione di Giovanni Trapattoni, suo allenatori quando Rossi vestiva la maglia bianconera: "Un Calciatore non dovrebbe mai morire prima del suo allenatore". È come se il vecchio Trap avesse voluto riprendere il detto "Un padre non dovrebbe mai sopravvivere ai propri figli". Non solo loro, ma anche alcuni compagni di squadra di quella leggendaria nazionale di calcio del 1982 ha voluto ricordare l'amico scomparso.


Fulvio Collovati: “Mi continuano a scrivere nella chat i miei compagni dell’82… se ne è andata una parte di noi. Se ne va una parte della mia vita”.

Antonio Cabrini: “Sei mesi fa ho perso un fratello, oggi ne piango un altro. Non voglio dire altro, per me questo non è il momento di parlare”.

Dino Zoff: “Mi dispiace tantissimo. Non so cosa dire, è stato fulmine a ciel sereno. Abbiamo sempre avuto un grande rapporto con Paolo, simpatico, intelligente, era un po’ che non ci sentivamo, ci avevano detto qualcosa ma non pensavo fosse così grave. I rapporti con lui erano stupendi, era simpaticissimo. Intelligente, aveva tutto per stare bene”, sono le parole riportate dalla Gazzetta dello Sport.

Pietro Vierchowod: “È stato un grande giocatore del Mondiale ‘82 e soprattutto era una persona molto sensibile, una brava persona. È una grande perdita per il calcio mondiale. Avevo letto che non stava bene ma non pensavo che potesse lasciarci così presto”.


La carriera 

Ormai tutta conosco la carriera di Paolo Rossi e di come sia stata non solo ricca di soddisfazioni ma anche piena di amarezze. Per sua fortuna, avendo potuto contare su persone che nutrivano stima nei suoi confronti e possedendo una grande forza di volontà, Pablito è riuscito a risalire la china segnando gol importanti e vincendo i titoli che un campione come lui meritava.


Il suo nome è legato soprattutto ai mondiali in Spagna del 1982, dove contribuì con sei reti a riportare l'Italia sul tetto del mondo, abbattendo a suon di gol Brasile, Polonia e Germania nelle partite finali della competizione. Quei sei gol non solo gli valsero il titolo di capocannoniere, ma anche di aggiudicarsi il Pallone d'Oro pochi mesi dopo, lasciando alle spalle il francese Alain Giresse del Bordeaux e lo juventino Boniek.


In quel mondiale, Rossi esplose all'improvviso, così come il suo nome nella lista dei convocati di Bearzot. La chiamata in nazionale scatenò le peggiori reazioni ai danni del ct azzurro, il quale fu accusato di aver portato con sé un calciatore che non giocava da circa due anni per quella maledetta squalifica legata al Calcioscommesse, al cui processo Rossi venne coinvolto e reputato coinvolto nella vendita delle partite. Eppure, l'ex bomber ha sempre spiegato di non essere mai entrato in quegli affari e di non aver mai pilotato i risultati di alcune partite, anzi. La partita in questione fu un lontano Avellino-Perugia, stagione 1979/80: Rossi, allora tesserato con gli Umbri, fu accusato di essere stato tra i truccatori di quel match, durante il quale siglò addirittura una doppietta. 


Per quanto si sia sempre dichiarato innocente e raccontando di aver rifiutato le proposte di loschi individui, alla fine Rossi fu condannato a stare due anni lontano dai campi di gioco:

«Non sapevo nulla delle scommesse: pensavo al classico pareggio accettato da due squadre che non vogliono farsi male. Seguii il processo come qualcosa di irreale, come se ci fosse un altro al posto mio. Capii che era tutto vero quando tornai a casa e vidi le facce dei miei».

«Dopo cena, mentre sto giocando la solita partita a tombola, tanto per ammazzare il tempo, mi si avvicina il mio compagno Della Martira: "Paolo, vuoi venire un attimo che ci sono due amici che vogliono conoscerti?". Non sono capace di dire di no. Controvoglia affido le mie cartelle a Ceccarini e mi alzo. Nella hall vedo due tipi che non avevo mai visto, stringo loro la mano: "Piacere". Non capisco cosa vogliano da me. 

Improvvisamente Mauro Della Martira dice: "Paolo, questo è un mio amico che gioca alle scommesse". E l'amico dell'amico in spiccato accento romanesco: "Paolo, che fate domenica?". Rispondo genericamente: "Beh, cerchiamo di vincere". "E se invece pareggiate?". Non capisco dove voglia andare a parare, sono imbarazzato anche se non lo do a vedere. Non vedo l'ora di liberarmi dall'impiccio».

«Rispondo: "Il pareggio non è un risultato da buttare. L'Avellino ha un punto in meno di noi, ha vinto con la Juve e ha perso soltanto con il Torino". "Sai, abbiamo un amico dall'altra parte che dice che un pareggio andrebbe più che bene", aggiunge l'altro... "magari fai anche due gol". La discussione non mi piace per nulla. Voglio tornare alla mia tombola, queste facce non mi ispirano fiducia, taglio corto: "Mauro, mi aspettano, ci vediamo, fai tu" giusto per non fargli fare brutta figura. E torno al mio posto e riprendo a giocare. Tutto è durato appena due minuti, quelli che diverranno i due minuti più angoscianti della mia carriera».

Questi i racconti di Paolo Rossi rilasciati in un'intervista anni dopo. Ad ogni modo, nell'aprile del 1982 Rossi tornò in campo, vestendo la maglia della Juventus che nel 1981 decise di puntare su di lui per il futuro nonostante fosse inutilizzabile. Pochi giorni in campo ma per lui arrivò la convocazione per i mondiali in Spagna. Tutti criticarono e offesero a morte Bearzot, ma il mister friulano sapeva che se l'Italia avesse vinto il mondiale sarebbe stato merito della sua strategia e della sua punta di diamante. 


Quel torneo mondiale non cominciò effettivamente nel migliore dei modi per la nostra compagine. Nel Gruppo 1 della prima fase a girone ci ritrovammo contro Polonia, Camerun e Perù: un girone tutto sommato abbordabile dove però non vincemmo nemmeno una sola partita. Dopo tre pareggi su tre, l'Italia passò come miglior seconda, accedendo così alla seconda fase a gironi. 

Il sorteggio ci diede già per spacciati visto che l'Italia finì in mezzo al muro sudamericano composto da Brasile e Argentina del giovane Diego Armando Maradona. Fu proprio contro l'Albiceleste che gli azzurri ottennero la prima vittoria con le reti di Tardelli, Cabrini e Passarella: finì 2 a 1. Rossi rimase ancora a bocca asciutta, ma il suo momento sarebbe arrivato pochi giorni dopo.


Il 5 luglio, a Barcellona, l'attaccanti della nazionale rifilò una tripletta al Brasile di Falcao, squadra alla quale bastava anche un solo punto per accedere alla fase finale vista la schiacciante vittoria per 3 a 1 contro l'Argentina. Fu una partita dura e massacrante dato che il match terminò 3 a 2 con un continuo botta e risposta tra le due squadre. Rossi, Socrates, Rossi, Falcao e ancora Rossi: l'Italia passò alle semifinali, dove avrebbe ritrovato la Polonia.


Rossi ormai si era svegliato, era un fiume in piena e alla fine anche il grande Boniek e la sua nazionale dovettero inchinarsi davanti alla potenza della nostra nazionale: 2 a 0 con doppietta di Pablito. La finale con la Germania fu poi il coronamento di un sogno iniziato come incubo e terminato come un viaggio verso la gloria eterna: 3 a 1 ai danni dei teutonici. Chi segnò il primo gol? Ovviamente Paolo Rossi, seguito poi da Tardelli e Altobelli. Breitner poi accorciò le distanze sul finir di gara. E pensare che Cabrini aveva sciupato in malo modo un calcio di rigore. 



Rossi conquistò il mondo con quei sei gol, realizzati in sole tre partite, dopo un inizio molto stentato. Il suo nome riecheggiò in tutto il mondo e mai nessuno avrebbe dimenticato quella faccia da bravo ragazzo che aveva rischiato di non partecipare a quell'evento per un qualcosa che non aveva mai commesso. No, Rossi non c'entrava nulla con il Totonero e la vita gli diede una seconda occasione. 

(video tratto da "Storie di Calcio", Youtube)

Il mondiale vinto in Spagna e il conseguente Pallone d'oro però non furono delle parentesi perché Rossi continuò a vincere con la maglia della Juventus. Nel 1983/84 vinse il secondo scudetto con i bianconeri (il primo arrivò nell'82), seguito dalla prima Coppa delle Coppe conquistata dal club piemontese. Arrivò poi la Supercoppa Uefa, fino ad arrivare alla Coppa dei Campioni del 1985. Con quest'ultimo successo, dopo quattro anni Rossi lasciò la Juventus per passare al Milan e un anno dopo ancora al Verona, dove concluse la sua carriera poco più che 30enne. I troppi problemi a un ginocchio ormai lo avevano costretto ad appendere gli scarpini. La sua vita però è rimasta legata al mondo del calcio lavorando prima come dirigente e poi commentatore sportivo. 


Nonostante abbia vestito maglie importanti a livello di club, Rossi è rimasto fino ad oggi nel cuori degli amanti del calcio per Spagna '82 e sarà sempre ricordato per quell'impresa, firmata non solo con i suoi gol ma anche grazie ai compagni di squadra, tra cui Scirea che perse la vita in un incidente stradale il 3 settembre 1989, sette anni dopo la notte di Madrid. Un dolore atroce per Pablito che adesso potrà raggiungerlo in cielo, magari organizzando la rivincita contro quell'argentino di nome Diego Armando Maradona, deceduto 15 giorni prima di Rossi, per la precisione il 25 novembre


Maradona e Rossi non ci sono più. Il 2020 è stato un anno nero anche per lo sport, così buio e orrendo che Argentina e Italia non dimenticheranno mai la triste perdita di due leggende del calcio. Ieri sera Pablito ha chiuso (si spera) il triste ciclo di notizie per quest'anno e si è portato via l'amore che tutti noi, anche le generazioni più recenti, abbiamo nutrito, coltivato e mantenuto per lui. Addio Pablito, sarai sempre nei nostri cuori. 



4 commenti:

  1. Bellissimo omaggio a Pablito.
    Ti dico il mio ricordo: da bambino, a fine anni '80, conobbi il mito dell'Italia di Bearzot grazie all'album 1982-83, che mi fece vedere il mio vicino di casa.
    Iconiche le foto dei gol di testa di Rossi: al Brasile, alla Germania e quello quasi accovacciato alla Polonia.

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    1. Grazie ma è il minimo che potessi fare. Ancora non mi capacito che sia morto Paolo Rossi. Mio padre e mia madre mi raccontano ancora quel mondiale. Mio padre e tutti i parenti si buttarono a terra quando ormai la finale era cosa finita e strafinita. Mia madre fu l'unica a restare in piedi: era incinta di mio fratello che nacque poi a novembre

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  2. Un campione che ci ha regalato un sogno.
    Sereno giorno.

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