lunedì 8 marzo 2021

Ottantasei anni fa l’addio ad Hachiko, il cane più fedele della storia


Tante volte mi è capitato di parlare di persone, storie, fatti e anche videogiochi ma mai ho avuto modo di parlare di un animale, di un cane per la precisione. Questo mio limite è dipeso certamente dal fatto che non ne ho mai avuto uno in casa mia (tranne quando ero piccolissimo) e quando ho avuto modo di accudire un quadrupede, purtroppo, non ero nella mia abitazione. 

Fin da piccolo ho sempre desiderato avere un cane e ricordo di essere sempre stato appassionato di film e racconti in cui i nostri amici a quattro zampe erano i protagonisti indiscussi. Una storia che su tutte mi ha particolarmente commosso è stata sempre quella del fedelissimo Hachiko, il cane di razza akita diventato famoso in tutto il mondo per aver passato gli ultimi anni della sua esistenza ad aspettare un padrone che mai sarebbe tornato da lui. Oggi, lunedì 8 marzo, proprio nel giorno in cui ricade la festa della donne, sono passati esattamente 86 anni dalla scomparsa di questo eroe del mondo animale.

Ecco il nostro Hachiko

Le vicende di Hachiko mi hanno sempre preso per tanti fattori: un po’ per la bellezza della razza, un po’ per il suo triste esito e specialmente per il fatto che la sua storia è realmente accaduta durante il primo trentennio del Novecento in Giappone.

Nel paese del Sol Levante, così come anche in tutto il resto del mondo, Hachiko è entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo delle masse come simbolo di estrema fedeltà che un cane è in grado di nutrire verso un essere umano, dato che ogni santo giorno e per ben dieci anni, si è recato puntualmente presso la stazione di Shibuya in attesa che il suo padrone tornasse dal lavoro. Tuttavia, il segugio aveva sempre ignorato che la persona a cui teneva di più fosse morta per un grave malore e, alla fine, il povero Hachiko non poté fare altro che consumarsi un po' alla volta fino a morire.

In molti (inteneriti dalle motivazioni che spingevano quel cane a compiere quel gesto diventato ormai quotidiano), lo presero a cuore e spesso si prendevano cura di lui, ma il fatto di aver trovato dei nuovi amici ad Hachiko non bastò: voleva rivedere a tutti i costi l’unica persona che gli stesse veramente a cuore.

Il famoso Hachiko nacque il 10 novembre 1923, in una piccola fattoria della città di Odate, nella Prefettura di Akita. Hidesaburo Ueno, professore del dipartimento agricolo dell’Università di Tokyo, desiderava tanto aver un animale domestico e adottò proprio il cucciolo di akita, un maschio dal pelo bianco, che chiamò Hachi.

Hidesaburo Ueno, padrone di Hachiko

Hachi in giapponese significa “otto”, numero che nella cultura nipponica viene considerato di buon auspicio. Successivamente, il nome divenne Hachiko, con l’aggiunta quindi del suffisso “-ko” che sta a rappresentare una forma vezzeggiativa.

Tra Ueno e il cucciolo fu amore a prima vista, erano diventati così uniti e inseparabili che alla fine Hachiko prese l’abitudine di seguirlo dappertutto, fino alla stazione di Shibuya, dove il docente universitario prendeva il treno per recarsi a Tokyo e tenere le sue lezioni presso l’ateneo della capitale.

Ogni volta che Ueno tornava dal lavoro, verso le cinque del pomeriggio, trovava il leale Hachiko ad attenderlo per tornare insieme a casa, esempio quest’ultimo che dimostra la sua piena devozione. Per circa due anni le cose andarono così, fino al 21 maggio 1925. 

Hidesaburo prese l’ennesimo treno per spostarsi in direzione di Tokyo ma da lì non tornò mai più vivo: un ictus lo uccise durante uno dei suoi corsi, dinanzi agli occhi dei suoi studenti e il povero Hachiko non lo rivide mai più scendere da quel maledetto convoglio ferroviario. 

La tomba di Ueno

Nonostante i funerali e una degna sepoltura nel cimitero di Aoyama, sembra che l’akita non avesse per nulla percepito la dipartita del suo migliore amico, anzi nutriva ininterrottamente la speranza di rivederlo e così continuò ogni giorno a recarsi alla fermata della linea ferroviaria, attendendo invano riscontri positivi. Hachiko però era un tipo insistente, cocciuto e imperterrito. Nulla lo avrebbe fermato perché il suo amato Ueno sarebbe tornato da lui, prima o poi. Il capostazione di Shibuya e tutti i pendolari notarono la presenza costante dell’animale e dopo aver scoperto la sua triste storia, decisero di accudirlo. 

In seguito ai racconti che cominciarono a girare per la città e all’interessamento della stampa locale, Hachiko si trovò inconsapevolmente a vestire i panni della star, infatti, molti turisti presero d’assalto Shibuya solo per fargli visita, accarezzarlo e mostragli solidarietà. 

Eppure, nonostante la fama che lo rese emblema di fedeltà e amore, commuovendo anche il mondo occidentale, il cuore del nobile cane restava ancora affranto per la lontananza del padrone, una lontananza di cui ne ignorava ancora l’entità. Ad Hachiko furono dedicate addirittura due statue di bronzo: la prima fu realizzata a Shibuya dallo scultore Teru Ando, la seconda invece vide la luce nella città natale di Odate.

La scultura di Hachiko a Odate

Il tempo però non risparmiò le pene del triste Hachiko, il quale si ammalò di filariasi, una malattia parassitaria che in poco tempo provocò in lui un serio deterioramento delle sue condizioni di salute. Perennemente stanco e afflitto da un’incessante tosse, dopo aver perso molti chili e aver patito insufficienze polmonari e cardiache, il generoso e mesto Hachiko si spense l’8 marzo 1935, in una strada locale, lasciando un enorme vuoto nei cuori di chi lo conosceva e di coloro che si erano stretti intorno a lui anche se per poco tempo, pur se di passaggio. 

Il corpo del povero Hachiko ormai privo di vita

La stampa ricordò con commozione la figura del cane e l’intero Giappone dichiarò un giorno di lutto nazionale poiché aveva perso uno dei suoi simboli. Il suo corpo venne imbalsamato e si trova tutt’ora esposto al Museo Nazionale di Natura e Scienza, ma alcune sue ossa furono estratte al corpo e sepolte nel cimitero di Aoyama, proprio vicino alla tomba del padrone: finalmente, dopo dieci anni di agonia, Hachiko e Ueno si erano ritrovati. 

Gli fu addirittura dedicata una delle cinque uscite della stazione di Shibuya, ovvero la Hachoko-guchi, che in italiano significa semplicemente “Ingresso Hachiko”. Ogni anno, il paese ricorda Hachiko con una cerimonia commemorativa a cui prendono parte migliaia di amanti dei cani.



Negli a venire, il mondo del cinema decise di omaggiare la memoria di Hachiko con un film realizzato nel 1987, dal regista Seijiro Koyama, intitolato Hachiko Monogatari (Storia di Hachiko) che ottenne grande successo mondiale

Nel 2009, il regista svedese Lasse Hallstrom realizzò un remake americano della pellicola, con protagonisti Richard Gere e tre cani, ognuno dei quali interpretava il leggendario peloso nipponico nelle varie fasi della sua vita (il cucciolo però è uno shiba e non un akita).




C’è stato ampio spazio per Hachiko anche nella letteratura giapponese con numerosi racconti scritti e illustrati, per bambini.

Oggi, pur ammettendo che le avventure di Hachiko non abbiano la stessa risonanza degli anni passati, c’è da dire che la sua figura viene presa come esempio da parte di molti animalisti impegnati nella lotta contro gli abusi sugli animali e contro l’abbandono dei cani, proprio per via del suo infinito senso del dovere nei confronti di un padrone che non sapeva fosse deceduto. 

Inoltre, proprio grazie a una visibilità sempre maggiore ottenuta con il passare del tempo, i cani di razza akita (spesso confusi con gli shiba) hanno trovato larga diffusione anche in occidente, dove i meno esperti in materia sono soliti esclamare “guarda, un Hachiko” anziché ricondurre l’esemplare alla sua effettiva razza di appartenenza.

Con la giornata odierna, sono passati ben 86 anni dalla morte di Hachiko. Avrei potuto parlare dell’origine della festa delle donne, di Buffalo Bill che perse una sfida a Roma contro i butteri, dell’inizio della rivoluzione di febbraio in Russia o della morte di Tonino Carino ma per una volta tanto permettiamoci di dare spazio al ricordo di un animale che ha saputo impartire a noi uomini una lezione che spesso dimentichiamo: amare qualcuno senza fermarmi mai.


6 commenti:

  1. Bellissimo post per una storia magnifica.
    Hachiko, emblema di amore e fedeltà. Incredibile anche come fosse diventato una star per i giapponesi, così teneri con un animale e spietati in altri ambiti.
    La statua di Hachiko la possiamo trovare anche nei cartoons: Ryo Saeba ci si mette a cavallo!
    Insomma, una storia triste, sì, ma che è diventata così popolare da essere carina e positiva^^

    Moz-

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  2. Hachiko ha insegnato molto al genere umano

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  3. Ho visto almeno tre volte il film con Richard Gere (dal quale appresi questa storia meravigliosa) e ho pianto come una fontana.
    Ma indovina cosa accadrà quando lo trasmetteranno di nuovo?
    Mi farò del male e lo riguarderó. È inevitabile. E mi accade anche con altre pellicole.

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    1. È una storia straordinaria e commovente. Cerca bene perché forse riesci a recuperare anche il primo film giapponese

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  4. Ho conosciuto questa storia grazie al film con Richard Gere. Una delle storie più commoventi mai conosciute, a dimostrazione che il "per sempre" esiste.

    Ottimo post, argomento molto sentito da parte tua.

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    1. Guarda Gas stavo proprio aspettando un tuo commento. Sapevo che ti sarebbe piaciuto visto che tieni molti agli animali. Grazie per il commento. Sì, l'ho sentita molto questa storia

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