Jeeg Robot d'Acciaio: parliamo del manga scritto da Go Nagai e disegnato da Tatsuya Yasuda. È stato pubblicato in Giappone, per la prima volta, nel 1975.
Chi di voi ha letto anche il manga di Jeeg Robot d'Acciaio?
La stragrande maggioranza di noi conosce Jeeg Robot d'acciaio grazie alla serie animata degli anni '70, mentre siamo sicuramente molti di meno a conoscere anche il manga. Ebbene, prima di parlare dell'anime del celebre mecha di Go Nagai, voglio aprire il discorso partendo ovviamente dalla sua versione cartacea, pubblicata per la prima volta in Giappone nell'aprile del 1975 e giunto in Italia solo nel 2002.
Come anticipato poco fa, Jeeg d'Acciaio (Koketsu Jeeg in Giappone) è stato pubblicato sulla rivista Tv Magazine a partire dal 1975, con i testi di Go Nagai e i disegni di Tatsuya Yasuda. Il progetto del manga fu avviato nel 1974, anno in cui la Toei chiese all'autore di creare una serie con protagonista un robot composto da tre navicelle guidate da altrettanti piloti. Il mecha avrebbe dovuto inoltre avere tre differenti trasformazioni in base alle diverse combinazioni dei veivoli. Alla fine, un risultato simile fu ottenuto grazie a Getter Robot, mentre in Go Nagai rimase il desiderio di creare un altro robottone guidato da uno o più cyborg.
Il successo di Getter Robot non si fece attendere e in seguito ai risultati esorbitanti ottenuti nel mercato dei giocattoli della Popy, ecco che la Takara (azienda concorrente) chiamò proprio Go Nagai per inventarsi un robot capace di trasformarsi con l'elettromagnetismo: prendendo spunto da Deimos 3, (nemico meccanico di Mazinger Z capace di comporsi e scomporsi), nacque il personaggio di Hiroshi Shiba, un ragazzo cyborg con il potere di trasformarsi nella testa di un mecha gigante la quale, successivamente, sarebbe andata a unirsi con i componenti lanciati da una navicella. Il nome di tale processo portò a Jeeg d'Acciaio, dove appunto il meccanico e il biologico tendono a unirsi per via del fatto che il pilota è parte stessa del robottone.
Una volta ideato l'eroe, Go Nagai e Yasuda avevano bisogno di creare una trama e quindi si optò per una ricerca storica che avrebbe collegato l'antagonista principale all'Impero Yamatai, esistito per davvero nel periodo Yayoi (III secolo a.C. al III secolo d.C) sotto la guida della regina/sacerdotessa Himiko e dei suoi tre ministri. Si parla quindi di un'epoca precedente al periodo Yamato, con il quale avvenne la nascita dell'impero giapponese. Tornando a Himiko, le fonti cinesi narrano che sia vissuta tra il 175 e il 248, comparendo quindi nella dinastia Wei. Era famosa per le sue presunte arti magiche che la mettevano in condizione di essere continuamente in contatto con gli Dei. Himiko si avvaleva di tanti servitori, i quali l'avrebbero poi seguita nella tomba. Facendo quindi due calcoli tra i documenti storici, Himiko sarebbe stata una sorta di regina sciamana, una specie di monarca protostorica dello stato di Yamato.
Himika è il nome della regina degli Spettri che attaccano la Terra e dichiarano guerra al genere umano nell'opera di Nagai e Yasuda. C'è stata dunque una variazione del nome dell'antagonista del manga e dell'anime, così come al suo Impero che viene ribattezzato Jamatai giusto per sfruttare un gioco di omofonie, con lo scopo di renderne più spaventoso il nome. A proposito del regno delle due regine, Jamatai vale solo per l'edizione giapponese di Jeeg, mentre in Italia diventa Yamatai: purtroppo, questo particolare non ha mai avuto spiegazione e perciò non si sa se sia riconducibile a una scelta di ricostruzione storica o a un semplice errore di trascrizione.
Restiamo sempre sul manga perché dell'anime ne parleremo in maniera approfondita in un altro articolo. Nel fumetto vengono citate le campane di bronzo che sono state naturalmente utili ai fini della storia. Negli anni in cui Go Nagai stava lavorando su Devilman e i mecha furono ritrovate, in Giappone, oltre 400 campane di bronzo che possedevano un valore a dire poco sacro. Come la storia del mondo ci racconta, il Giappone di quel periodo non poteva contare su una vasta disponibilità di metalli, quindi il bronzo era qualcosa di raro e prezioso. Non è un caso che tali opere in bronzo erano molto diffuse in Europa ma non tanto in Asia e infatti, ad esempio, in Corea si lavorava prettamente con il ferro. Tornando a noi, le campane in questione avevano un valore rituale, un'importanza tale da renderle vicine agli ambienti sciamanici dediti all'invocazione delle divinità.
Non finisce qui perché ci sono anche tanti riferimenti all'antica mitologia giapponese. Una dimostrazione è evidente nell'astronave dell'impero Yamatai che riconduce alla figura di Orochi, un mostro della tradizione nipponica dotato di otto teste di drago. Secondo la leggenda, tale creature avrebbe seminato il panico nella provincia di Izumo chiedendo in cambio il continuo sacrificio di vergini.
Rispetto all'anime (uscito pochi mesi dopo in Giappone), il manga presenta delle differenze sostanziali. Innanzitutto, l'aspetto di Hiroshi e Miwa Uzuki è decisamente differente rispetto al cartone: nella serie tv Hiroshi indossa un vestito vistoso e ha una capigliatura diversa, così come Miwa che noi tutti conosciamo come pilota del Big Shooter. Inoltre, tra cartaceo e video cambia anche la storia della trasformazione e delle origini di Jeeg. Inoltre, la cosa più importante è la netta distinzione delle due trame, infatti, il manga è molto più violento dato che offre scene di uccisioni crudeli anche ai danni degli esseri umani. In Jeeg d'Acciaio i disegni sono stati realizzati da Tatsuya Yasuda, eppure non si può fare a meno di notate forti influenze provenienti da Devilman, il manga shonen più famoso e amato di Go Nagai.
Il manga è molto più spietato, terrificante e cupo. La trama è sbrigativa, episodica e non c'è tempo di caratterizzare fino in fondo tutti i personaggi però l'opera è ben riuscita e rende perfettamente l'idea del progetto di Go Nagai. C'è una certa soddisfazione nel leggere il manga dato che in Italia è giunto in soli due volumi. Nel manga, Hiroshi diventa Jeeg da adulto e non da bambino come visto nell'anime: in quest'ultima versione a tenerlo in vita è la famosa campana di bronzo che il padre gli installò nel petto da piccolo. Diverso è anche il rapporto tra padre e figlio, infatti, nel manga Hiroshi è totalmente debitore e devoto al professor Senjiro Shiba, mente nel cartone il loro rapporto è conflittuale perché il ragazzo porta rancore al genitore per averlo reso un cyborg. In quest'ultimo caso, i problemi tra padre e figlio nascono non solo per dare alla trama maggior enfasi ma anche perché il personaggio di Hiroshi è stato caratterizzato meglio, studiato, approfondito e quindi vive in una condizione di continua insicurezza di sé per via della sua natura non più umana. Non a caso nel manga l'eroe non avverte pressioni, mentre nell'anime sì e ha paura di non riuscire a vincere la guerra contro Himika e i suoi mostri.
Naturalmente, tali miglioramenti psicologici e caratteriali saranno applicati anche agli altri personaggi, come nel caso di Miwa e di Kikue, la madre di Hiroshi. Purtroppo va invece sottolineato che nel manga possiamo scordarci di vedere le figure del generale Flora, Don e Pancho e Shorty. La piccola Mayumi invece è consapevole che suo fratello sia il grande robot elettromagnetico, ma nella serie tv lo scopre invece soltanto alla fine. La Regina Himika, invece, cambia poco nell'aspetto ma tanto nell'indole: nel fumetto è ancora più spietata e violenta. La stessa imperatrice e i suoi ministri sono caratterizzati abbastanza bene, dato che all'inizio Go Nagai ci spiega velocemente le loro origini. Per nulla descritti invece sono gli altri guerrieri del male.
Nel manga si notano inoltre tematiche e influenze viste anche in Devilman. A parte la violenza e l'aspetto "horror" dei cattivi, c'è il fatto che gli esseri umani vengono disprezzati, considerati inferiori e assolutamente da spazzare via. Hiroshi è un Akira Fudo in versione mecha: il primo è costretto a rinunciare alla propria umanità per rimanere in vita e diventare l'arma di sicurezza del nostro mondo, il secondo diventa un uomo diavolo per fare altrettanto (nel manga Fudo assorbe Amon, nell'anime muore e viene sopraffatto dal suo demone).
I disegni sono naturalmente molto belli ed è evidente che Yasuda fosse, all'epoca, allievo e strettissimo collaboratore del maestro. Ovviamente, la differenza di stile è evidente e si capisce che le tavole non siano opera di Go Nagai il quale, una volta tanto, veste i soli panni dello sceneggiatore. A proposito dei testi, il manga termina con un finale aperto che però non sarà mai realizzato, mentre l'anime viene concluso al cento per cento, evitando ogni ansia e angoscia agli appassionati. In sintesi, da una parte non leggeremo mai lo scontro tra il nostro eroe e il boss finale (l'Imperatore Ryuma) ma dall'altra sì.
Si conclude qui la ricostruzione del manga di Jeeg d'Acciaio, un'opera che nonostante la sua estrema sintesi mi è piaciuta molto per via della sua incisività, dell'azione e potenza, per non parlare dei disegni. Tuttavia, come si fa a non apprezzare i lavori del maestro?
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Scoprii il manga di Jeeg appena uscito, trovandomelo davanti tra la merce esposta dall'edicola della stazione di Taranto dove mi soffermavo aspettando il treno per tornare a casa durante il mio pendolarismo da studente.
RispondiEliminaHo quindi la versione "ribaltata".
Concordo con la tua recensione, ne ho parlato - in modo nettamente meno dettagliato dal punto di vista storico, ma con il "racconto" scaricabile di tutti i capitoli - anche io in una sezione di un mio vecchio sito personale, che ho salvato e riproposto su Altervista. A me ha seccato parecchio il finale aperto del manga: dato che i toni erano molto più cruenti, lo scontro con Ryuma andava raccontato, e sinceramente da quel momento Go Nagai mi è sceso abbastanza come autore, perché non si interrompe una storia tradendo chi ha acquistato il tuo prodotto.