Perché il calcio ha ancora bisogno di José Mourinho? Dopo la vittoria della Conference League da parte della sua Roma, il tecnico portoghese sembra ancora circondato da un'aura di immortalità.
Mourinho è ancora sulla cresta dell'onda
Come ormai è risaputo, mercoledì 25 giugno la Roma di José Mourinho si è aggiudicata la prima edizione della neonata Conference League. Si tratta della prima vittoria storica di un titolo europeo da parte dei giallorossi, ma sopratutto questo ha permesso al tecnico portoghese di essere il primo allenatore ad aver vinto tutte e tre le competizioni Uefa.
Sembra passata già una vita da quando Mourinho ha firmato per il club capitolino e sembra essere passato un secolo da quando la critica calcistica si divise nell'inquadrarlo in vista della sua nuova avventura italiana. Per alcuni poteva essere un profeta, per altri sarebbe finita male. Mourinho quest'anno ha conquistato il sesto posto in campionato, con una squadra certamente non superiore a quella allenata nelle ultime due stagioni da Fonseca. Eppure, qualcosa di buono José l'ha pur sempre lasciato, se si tiene conto che la stagione della Roma non è stata proprio facile: ad esempio, possiamo contare la doppia vitoria nel derby contro la Lazio (dove Sarri ha ricevuto importanti lezioni di calcio) ma è altrettanto vero che c'è stata anche molta discontinuità nei risultati (eccezion fatta negli ultimi tre mesi di Serie A).
In Coppa Italia il cammino del club si è fermato ai quarti di finale, dinanzi al muro nerazzurro dell'Inter di Simone Inzaghi: visto il passato dell'allenatore di Setubal, tale eliminazione è stata almeno una consolazione. Eppure, Mourinho doveva già lasciare il segno in una piazza che da anni non riesce più a imporsi a certi livelli. José sembra aver capito dal primo giorno che stampa e critici andavano zittiti senza troppi giri di parole e di risultati: nonostante il Bodo Glimt si sia rivelato un avversario terrificante, la Roma è riuscita a superarli in due occasioni (girone e quarti di finale) per poi giungere in finale e trovarsi faccia a faccia con il Feyenoord (terzo in Olanda e con un nome ancora tutto di prestigio). La storia si ripete e questa storia la scrive per l'ennesima volta lui!
Anni fa, nessuno puntò un centesimo sulle Champions di Porto e Inter, così come nessuno scommise sulle Coppa Uefa/Europa League di Porto e Manchester United. Figuriamoci poi se qualcuno avesse avuto il coraggio di gridare "la Roma di Mou vincerà la Conference League": intanto però l'ha fatto perché Mou è fatto così, fa le cose quando non te l'aspetti (sia nel bene sia nel male). La vittoria della terza Coppa europea per ordine di importanza ha un significato straordinario e funziona come schiaffo morale a quel calcio italiano che ormai sembra aver perso il coraggio di imporsi a livello continentale, soprattutto se si tiene conto che la finale di Europa League quest'anno è stata vinta dall'Eintracht Francoforte contro i Rangers di Glasgow che in precedenza (semifinali) se l'erano vista contro West Ham e Lipsia.
Non a caso, l'ultima soddisfazione Uefa di un'italiana risale proprio a quel 2010 sulla panchina dell'Inter, quando Mourinho riportò la coppa dalle grandi orecchie nella Milano nerazzurra dopo 45 anni (e non scordiamoci il Triplete). Non è tutto! Bisogna tenere presente che lui è stato l'unico allenatore ad aver vinto un titolo europeo con il Manchester United dopo l'era Ferguson: si ricorda infatti l'Europa League del 2016/2017, arrivata tra l'altro nove anni dopo l'ultima Champions dei Red Devils proprio con sir Alex in panchina! Tale successo, unito a quelli del tecnico scozzese, fecero entrare il club nella classifica delle poche squadre capaci di vincere tutte le competizioni Uefa (mi riferisco anche alla Coppa delle Coppe chiusa dopo l'edizione del 1999).
La domanda dunque sorge spontanea: il calcio ha ancora bisogno di José Mourinho? Sì, soprattutto quello italiano. Del resto è evidente che José abbia lasciato il segno ovunque, tranne nel Tottenham dove ha trovato un gruppo ancora legato agli schemi e alle visioni di gioco di Pochettino. Mourinho per il calcio e in particolar modo per l'Italia è sempre stato come la panna sulle fragole perché, si sa, lui un po' ti completa. Anche la stampa italiana doveva in qualche modo vivacizzarsi nuovamente durante le interviste e le conferenze stampa: Mourinho ha riportato quell'arroganza che a volte affascina anche chi lo prenderebbe volentieri a sberle o peggio ancora a sediate dietro alla schiena. Sicuramente alcune sue idee sono superate e questo è evidente però almeno nelle coppe riesce ancora farsi rispettare in campo (e perché no anche fuori).
Sembra che abbia fatto poco ma così non è: la Conference League vinta dalla Roma non deve passare come "la coppetta" (perché anch'essa porta punti nel Ranking Uefa e soprattutto milioni di euro nelle casse di chi la porta a casa), bensì va vissuta come la possibilità di un nuovo inizio per il calcio italiano, un inizio fatto non solo di soldoni spesi ma soprattutto di tanto coraggio. Se l'ottimo Chelsea di Tuchel l'anno scorso ha sorpreso tutti in Champions allora non vedo perché anche l'Inter non possa riuscire in questa impresa. Lo stesso discorso vale in Europa League dove squadre come la Juventus (vi ricordo il Benfica), Napoli, Lazio, Udinese (Marino/Guidolin) e la stessa Inter non avevano nulla da invidiare a Porto, Cska Mosca, Shaktar Donetsk, Siviglia, Villareal ed Eintracht. Eppure è dal 1999 che non vinciamo una Coppa Uefa/Europa League e l'unica squadra italiana capace di giocare almeno una finale è stata l'Inter di Antonio Conte (persa nel 2019/2020 contro il Siviglia). José è arrivato fresco fresco e ancora una volta ha cambiato il corso della storia come soltanto lui sa fare.
Mourinho ancora una volta ha dato non solo lezioni di calcio ma anche di stile e (perché no?) anche di vita. Nonostante gli anni passino, lui resiste ancora come un vecchio volpone capace però di commuoversi dopo un altro successo.
Mourinho è proprio un allenatore di coppa europea, anche in finale ha badato più a portare a casa il risultato che allo spettacolo, ed ha avuto ancora una volta ragione...mettici anche un pizzico di fortuna (2 pali degli olandesi)
RispondiEliminaMou alla fine dice sempre la sua!
EliminaUn allenatore Europeo, lo dicono i numeri, che è nato con la camicia come Ancelotti.
RispondiEliminaDue imprese gli mancano per diventare leggenda, ma penso non accadrà mai che vada al Benfica e/o venga alla Juve..
Guarda, è più facile che faccia vincere la Champions al..Benfica :D
EliminaÈ già leggenda e non ha bisogno di andare sulle panchine di Benfica e Juventus. Magari in Olanda, ma non in quelle due!
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