domenica 1 aprile 2018

Death In Music '30/'50: da Robert Johnson a Buddy Holly


Come ogni arte che si rispetti, anche la musica ha consegnato l'immortalità a decine e decine di suoi interpreti, molti dei quali hanno collezionato successi su successi grazie a una carriera longeva e ricca di progetti. 

C'è anche chi ha tuttavia raggiunto la mitizzazione non solo grazie al talento ma anche per via di una morte arrivata troppo prematuramente o in situazioni drammatiche come non mai. Robert Johnson, Buddy Holly, Janis Joplin, Jimi Hendrix, Elvis Presley, John Lennon, Freddie Mercury, Kurt Cobain, Chester Bennington e Dolores O' Riordan sono solo alcuni esempi di una lunga lista di personaggi leggendari rimasti fortemente correlati all'immaginario collettivo della star logorata dal successo, dal denaro, dai vizi e dalla sfortuna.

Si apre così la rubrica "Death In Music" ripercorrendo le più famose e tragiche morti dei cantanti e dei musicisti più compianti di sempre non solo in USA e Gran Bretagna ma anche nel panorama italiano. Partiamo dal 1938, anno del decesso di Robert Johnson, fino ad arrivare al 1959, periodo in cui Buddy Holly, The Big Bopper e Ritchie Valens scoprirono di essere accomunati dallo stesso destino. 


1938: Robert Johnson

Il maestro del Delta Blues è stato in un certo senso tra i fondatori del Club27, in quanto terzo cantautore e musicista a morire all'età di 27 anni in circostanze assurde (dopo il pianista Alexandre Levy nel 1892 e il musicista ragtime Louis Chauvin nel 1908). Il mito di Johnson tra l'altro è rimasto forte specialmente per la leggenda che caratterizza il suo profilo artistico, cioè un presunto patto con il diavolo dal quale avrebbe ottenuto capacità non indifferenti sia nel canto sia nel suonare la chitarra.
 
Nato a Hazlehurst, nel Mississipi, l'8 maggio 1911 da una relazione extraconiugale, Robert Johnson manifestò subito grande interesse per la musica, infatti, il fratello gli insegnò a suonare l'armonica, strumento a cui fu legato fino a quando non decise di passare alla chitarra. Nel 1929, all'età di diciotto anni, sposò Virginia Travis che morì di parto qualche mese dopo provocando grande dolore e sconforto nel cuore del povero Robert, il quale, prese a vagare in giro per il Mississipi collezionando diverse esperienze musicali, sessuali e alcoliche.

Proprio in questi anni che lo videro sparire dalla circolazione, molti suoi amici e conoscenti confessarono che Johnson fosse un pessimo cantante e un chitarrista alquanto scarso, fino a quando poi lo stesso Robert non tornò a farsi vivo per zittire tutti con capacità nettamente superiori rispetto ai primi tempi: aveva maturato una voce straordinaria e aveva sviluppato una tecnica chitarristica fuori dal comune, un qualcosa che all'epoca era tanto impensabile quanto impossibile da riprodurre.

Proprio per questo motivo, cominciò a circolare la voce che il cantautore avesse incontrato, lungo un incrocio desolato del Mississipi, un uomo vestito di nero con il quale avrebbe stretto un patto: ricevere in dono un talento musicale smisurato in cambio della propria anima. 

C'è una versione della storia che narra di un certo Ike Zinneman, un misterioso chitarrista che sarebbe stato maestro di Johnson, considerato dai più come un emissario del demonio per via delle sue sinistre abitudini di suonare nei cimiteri. La cosa che sembrerebbe certa è che sarebbe stato lo stesso Johnson a raccontare questi particolari, ma purtroppo non è stato possibile scoprire di più per via delle scarse informazioni reperibili sulla biografia dell'artista afroamericano. 

Robert Johnson morì per avvelenamento il 16 agosto 1938 perché reo di essere stato l'amante della moglie del padrone del locale in cui ero solito esibirsi insieme a Sonny Boy Williamson II e David Honeyboy Edwards. L'uomo infatti girò al maestro del Delta Blues una bottiglia di Whisky senza tappo che si poi gli si rivelò fatale e lo portò alla morte dopo due lunghi giorni di sofferenze e delirio. 
Tra i maggiori successi che Johnson riuscì a tramandare ai posteri, ricordiamo il suo primo singolo Kind Hearted Woman Blues.




1953: Hank Williams e Carolina Slim

Hanks Williams è stato uno dei maggiori pionieri della musica country negli Stati Uniti nonostante sia morto all'età di 29 anni. Nato a Mount Olive nello stato dell'Alabama il 17 settembre 1923, Williams ottenne notorietà nel gruppo Drifting Cowboys per poi dedicarsi alla carriere da solista sfornando canzoni di successo come Lovesick Blues, I'm So Lonesome I Could Cry, Long Gone Lonesome Blues, Why Don't You Love Me?, Moanin' the Blues, Cold, Cold Heart, Hey Good Lookin', Jambalaya (On the Bayou) , I'll Never Get Out of This World Alive, Kaw-Liga, Your Cheatin' Heart, Take These Chains From My Heart

Tuttavia, la vita della giovane star non era tutta rosa e fiori. Non è un caso che il difficile matrimonio con la moglie Audrey Sherpard, i problemi cronici con l' alcol e la dipendenza da morfina lo portarono a una morte annunciata, avvenuta l'1 gennaio 1953 all'interno della sua Cadillac: a quanto pare, l'ultimo dose di morfina gli aveva provocato un attacco di cuore che non gli diede scampo. 

Williams morì solo, solo come il suo animo ribelle che non seppe mai adeguarsi a un mondo che reputava troppo grande per lui. Tuttavia, il mondo però seppe adeguarsi a lui e riconoscerlo come un rivoluzionario del rock'n'roll di quegli anni.



Carolina Slim è morto per le stesse ragioni, cioè un attacco di cuore avvenuto durante un'operazione chirurgica alla schiena, il 22 ottobre 1922. A differenza del collega Williams, Slim ha fatto parlare molto poco di sé, mostrando una forte dedizione al proprio lavoro e un attaccamento alla vita che però l'ha abbandonato a 30 anni. 






1954: Johnny Ace e Danny Cedrone

A 25 anni passò a miglior vita anche il giovane cantante e pianista Johnny Ace, ricordato dagli amanti del blues principalmente per lavori come "Cross My Heart", "Please Forgive Me", "The Clock", "Yes, Baby", "Saving My Love for You" e "Never Let Me Go". Com'è morto? Semplicemente sparandosi alla testa mentre giocava alla roulette russa con una calibro 32.





Danny Cedrone invece è stato uno dei chitarristi più attivi del rock'n'roll targato anni '50 e oggi viene ricordato soprattutto per le sue collaborazioni con la rock band "Bill Haley & His Comets". Morì il 17 giugno 1954 dopo essersi rotto il collo in seguito a una rovinosa caduta da una rampa di scale. 





1955: Charlie Parker

Il 1955 è ricordato per la morte di uno dei maggiori compositori jazz di questo periodo: Charlie Parker, celeberrimo sassofonista classe 1920 da sempre considerato come uno dei fondatori del genere bebop (un tipo di jazz suonato in maniera più veloce e innovativa rispetto ai canoni tradizionali). Parker è passato alla storia per molte realizzazioni, tra cui i singoli Billie's Bounce, Ko Ko, Now's the Time, Ornithology, Moose The Mooche e Lover Man, per non parlare dei suoi album che ancora oggi fanno scuola. Tuttavia, Parker viveva una vita molto sregolata, dettata soprattutto dalla continua assunzione di eroina che lo portò alla morte per overdose il 12 marzo del 1955.




1959: Buddy Holly, The Big Bopper e Ritchie Valens

Buddy Holly, The Big Bopper e Ritchie Valens non sono soltanto accomunati dallo stesso anno di morte, ma anche dallo stesso mese, stesso giorno, stessa ora. Tutti e tre infatti vissero insieme i loro ultimi istanti di vita sul volo che portò allo schianto aereo di Clear Lake, nello Iowa, avvenuto il 3 febbraio 1959. 

Buddy Holly aveva 22 anni e si era già affermato nel panorama rock statunitense di quel periodo sia come leader dei Crickets sia come solista. Indimenticabili sono brani come That'll Be the Day e Peggy Sue. Nel 1978, il regista Steve Rash gli dedicò il film The Buddy Holly Story.




Jiles Perry Richardson, in arte The Big Bopper, aveva invece 29 anni e aveva conquistato il pubblico americano per le sue qualità di chitarrista ma anche di disk jockey. Chantilly Lace è la canzone che lo rese famoso in tutto il mondo e che il regista George Lucas inserì nel film American Graffiti del 1973.




Ritchie Valens è una leggenda per due semplici motivi: il primo, a 17 anni aveva già inciso 15 canzoni; il secondo, è l'autore della hit di successo "La Bamba". Ebbene, il povero Valens lasciò questo mondo proprio a 17 anni, a bordo di quell'aereo e in compagnia di Richardson e Holly

Nato il 13 maggio 1941 a Los Angeles, Ritchie vantava solide origini messicane e un talento per la musica a dir poco precoce. A 13 anni era già perfettamente in grado di padroneggiare le corde di una chitarra eseguendo tecniche complesse e divenne famoso insieme al sua prima band, i Silhouettes. La carriera da solista però non si fece attendere e in un solo anno pubblicò successi come La Bamba, Donna, Come On Let's Go, Ooh! My Head, That's My Little Suzie, Rockin' All Night, We Belong Together, Little Girl, Stay Beside Me, La Malaguena.


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