[Fumetti] Zerocalcare - No sleep till Shengal: la recensione dedicata all'ultima opera del fumettista romano. Michele Rech racconta il suo ritorno in Medio Oriente.
No sleep till Shengal: l'ultima fatica di Zerocalcare
"No sleep till Shengal" è l'ultimo libro a fumetti realizzato da Zerocalcare e pubblicato come sempre da Bao Publishing. Con questa nuova opera, l'autore romano torna a parlare del Medio Oriente, dedicando oltre 190 pagine all'enclave irachena degli Ezidi, un popolo vittima del genocidio dell'Isis e minacciato per il desiderio di far prevalere la propria aspirazione al Confederalismo democratico.
I fatti risalgono al periodo compreso tra la primavera e l'estate del 2021, quando Michele Rech si recò in Iraq, presso la comunità ezida di Shengal, per riportare attraverso i suoi disegni le complicate condizioni in cui vivono a causa di forti tensioni internazionali e la protezione dell'esercito curdo. "No sleep till Shengal" si mostra subito un libro complicato nella narrazione a partire dalle difficoltà che i nostri protagonisti hanno dovuto fronteggiare durante tutto il periodo di permanenza: la delegazione italiana in quell'occasione è stata più volte respinta durante i controlli in vari check point, tenuti sotto controllo da diverse forze politiche e militari che gestiscono il controllo del territorio iracheno.
Zerocalcare torna quindi in Medio Oriente dopo i fatti narrati in "Kobane Calling" (2016), dove parlò del Rojava e dei curdi contro lo Stato Islamico. In quest'ultima fatica editoriale, Zerocalcare mostra la sua capacità nell'essere riuscito, per tanti anni, a mantenere saldi i rapporti con i curdi grazie anche alle informazioni ottenute tramite l'Associazione "Verso il Kurdistan". L'autore parte forte con il titolo del graphic novel, facendo riferimento al titolo della canzone "No sleep till Brooklyn" dei Beastie Boys. L'obiettivo è anche quello di raggiungere la propria maturazione narrativa rivelando al mondo storie che in tanti non conosciamo bene o forse non conosciamo per nulla.
Il popolo degli Ezidi appare come una comunità abbandonata da tutti, quindi costretta a reggersi solo attraverso le proprie capacità, la propria forza e immense risorse spirituali e culturali. Per loro, il Confederalismo democratico è l'unico strumento utile a restituirgli dignità e identità, principi quest'ultimi che sono stati sempre soggiogati dalle barbarie dell'Isis e della parte fondamentalista dello Stato Islamico. Gli Ezidi sopravvissuti infatti all'eccidio del 2014, sono tornati a Shengal con il sostegno del PKK e con l'intento di seguire l'esempio dei curdi del Rovaja: cioè creare parità tra uomini e donne nelle amministrazioni, convivere con gli altri popoli e le altre religioni, restituire le ricchezze a chi ha subito soprusi.
Ovviamente, tutto questo ha portato a grandi ostilità soprattutto da parte del governo iracheno. Zerocalcare affronta tutto questo grazie al suo inconfondibile carattere intriso di ironia e tanta sensibilità che pone il lettore a una continua riflessione. Ancora una volta, Rech tratta tematiche complicate prima con un occhio verso la realtà dei fatti, poi avviando i soliti dialoghi con sé stesso, per capire quale sia il suo ruolo nella tragedia di Shengal. Zerocalcare crea un'atmosfera che vibra continuamente tra tensione e paura perché in una terra martoriata come quella la minaccia può sbucare fuori in qualsiasi momento, spazzando via ogni cosa. L'odore della morte, dei dolori, delle sofferenze, degli stupri e delle violenze si avverte in tutte le pagine del fumetto, anche quando si cerca di smorzare i toni con qualche scena divertente: questa volta Zero deve arrivare fino in fondo come non mai perché tante sono le domande da porsi, altrettante le risposte da cercare.
L'umiltà dell'autore è evidente soprattutto per come si pone fin dall'inizio con questo argomento: sarà mai in grado di narrare per davvero una storia che il mondo tende a documentare con poca attenzione? Su certi punti di vista, nonostante Zero continui a essere un'icona italiana (e non solo) della sua generazione, sembra essersi parzialmente distaccato da tutto ciò che rappresentava la sua giovinezza. Adesso sembra un uomo completo, un individuo deciso ad arrivare fino in fondo (cosa che ha già fatto in passato, sia chiaro) inserendo anche qualcosa di nuovo, di diverso nelle rappresentazioni dei suoi vari stati d'animo. Per esempio, l'Armadillo appare in pochi momenti perché la voce della sua coscienza sembra essere rappresentata soprattutto dalla testa del filosofo Cartesio (tenuta in una lavalamp presa su Amazon!): questo particolare rappresenta (a detta di Zerocalcare) il "retaggio dei miei anni da secchione". In effetti, la cosa più ardua compiuta da Rech è stata la lettura e la documentazione sulla vera storia di Shengal e di quanto accade realmente in Medio Oriente. Ma non basta!
Per rendere tutto di facile lettura, Zerocalcare lascia che siano i protagonisti di questa storia a rendere l'idea. "No sleep till Shengal" infatti salta da un racconto all'altro, mettendo insieme una serie di testimonianze atte a ricostruire non solo il punto di vista generale della questione ma anche i singoli racconti delle vittime e dei sopravvissuti. Le espressioni facciali e il disegno degli occhi sono le parti in cui si avvertono la maggiori tensioni del racconto, lasciando emergere l'oscurità che regna sovrana a Shengal e nel resto dei territori compromessi dagli scontri: è come se ogni cosa fosse corrotta da uno spirito maligno che non vuole andare via.
"No Sleep till Shengal" però è soprattutto una storia di coraggio, un coraggio che non riguarda Zerocalcare ma esclusivamente il popolo di Shengal. Nonostante la cattiveria e la violenza dell'Isis, nonostante le cose indicibili a cui uomini e donne sono stati sottoposti, gli ezidi vanno avanti a testa alta per realizzare il loro più grande sogno. Sono disposti a sacrificarsi fino all'infinito pur di non darla vinta agli oppressori perché ogni genocidio ha un valore e quel valore serve a ricordare e onorare tutti coloro che hanno perso la vita per una guerra che (come tante altre guerre) non ha senso. Il finale del libro mi è sembrato agrodolce perché da un lato lascia un messaggio di speranza, dall'altro la paura del buio provocato da una rivoluzione che non lascia altra scelta tra la vita e la morte.
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